Bruxelles nega la deroga ai limiti per la potabilità e impone di vietarne l'uso alimentare.
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Presence of arsenic in drinking water of 128 cities. |
[Corriere della Sera.it] Il «niet» giunto dall’Unione Europea è tassativo: niente
deroga all’ innalzamento dei limiti chiesti dall’Italia sulla
concentrazione di arsenico nelle acque a uso alimentare. Perchè in
taluni casi possono provocare malattie, perfino l'insorgere del cancro.
Scatta ora una guerra contro il tempo per evitare che a casa di migliaia
di famiglie i rubinetti possano restare chiusi a seguito di una
possibile raffica di ordinanze.
Sono ordinanze richieste da
Bruxelles, che potrebbero proibire l’uso potabile dell'acqua.
L’intimazione indirizzata il 28 ottobre al ministero della Salute
dall’Ufficio Ambiente della Ue apre un pesantissimo problema sanitario
in 128 comuni dello Stivale divisi tra 5 regioni.
LE CITTA’ IN EMERGENZA - In testa c’è il Lazio, con 91 città e
borghi (sparsi tra le provincie di Roma, Latina e Viterbo) dove i
sindaci, a meno di soluzioni miracolose dell’ultimo istante, potrebbero
essere costretti a firmare un provvedimento per vietare di bere l’acqua.
Nell’elenco - pubblicato da Corriere.it - segue la
Toscana, con 16 località; altre 10 sono in Trentino, 8 in Lombardia e 3
in Umbria. Tutte con lo stesso problema: negli acquedotti c’è una
concentrazione elevata di arsenico, talvolta con valori massimi di 50
microgrammi per litro mentre la legge ne consente al massimo 10.
Quantitativi che sarebbero fuori norma – ha spiegato l’Italia in un
dossier spedito alla Ue - per cause «naturali»: in qualche modo
originati da stratificazioni geologiche di origine lavica, come nel caso
dei Castelli Romani e del Viterbese.
LA UE: POSSIBILE RISCHIO CANCRO -
Giustificazioni inascoltate però dall’Unione Europea che – accogliendo
il ricorso solo per i meno preoccupanti borio e fluoruro - non vuole
più, nelle acque potabili, quelle cifre superiori ai 10 microgrammi di
arsenico per litro. Il motivo è che «valori di 30, 40 e 50 microgrammi»
possono determinare «rischi sanitari, in particolare talune forme di
cancro». Ecco perché le deroghe, soltanto per tempi limitati, possono
essere richieste sino a concentrazioni di 20 microgrammi per litro.
IN DIFFICOLTA’ 250 MILA FAMIGLIE - A febbraio l’Italia – che ha
recepito le direttive comunitarie in una legge sulle acque potabili in
vigore dal 2001 - ha chiesto di innalzare i limiti consentiti
temporaneamente, appunto, a 50. Ma la Ue ha bocciato la domanda facendo
esplodere un problema che, stando al documento ufficiale indirizzato al
ministero della Salute, riguarda i rubinetti di circa 250 mila famiglie.
Ad essere coinvolte sono grandi capoluoghi e paesi di poche decine
di anime: per restare al Lazio, gli «utenti interessati» a Latina sono
115.490, ad Aprilia 66.624, a Viterbo 62.441 e poi ancora 10 mila ad
Albano e 18 mila a Sabaudia. In Toscana acque a rischio in località
vacanziere come Piombino, Cecina, Porto Azzurro e Porto Ferraio, ma
anche Foiano della Chiana, Montevarchi, Campo nell'Elba, Rio Marina,
San Vincenzo. Problemi anche a Orvieto in Umbria, mentre a Solda di
Fuori, in Alto Adige, sono «solo» 25 gli abitanti che potrebbero
ritrovarsi senz’acqua.
ANCHE IN LOMBARDIA E TRENTINO - Acque non salubri vengono
identificate nella tabella del documento Ue nelle province di Mantova
(Marcaria, Roncoferraro, Viadana), Sondrio (Valdidentro e Valfurva) e
Varese (Maccagno, Sesto Calende, Dumenza). Il comune di Cava Manara, in
passato con problemi, ora ha acque «perfettamente potabili» grazie
all’apertura di nuovi pozzi. In Trentino, risultano non a norma le acque
di Laste/Cantanghel, Canal San Bovo, Fierrozzo, Frassilongo.
Quanto
alla Campania, 14 comuni - non gravati dall'allarme arsenico - hanno
ottenuto la deroga per ciò che riguarda il floruro: si tratta di
Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici,
S. Anastasia, San Giorgio a Cremano, S. Giuseppe Vesuviano, San
Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco,
Volla.
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ALLERTATE LE PREFETTURE - Quel
che succederà adesso ancora non è chiaro. Contatti frenetici sono in
corso tra il ministero della Salute e gli assessorati all’Ambiente delle
Regioni coinvolte. Dove il problema è più sentito - appunto come nel
Lazio - Asl e Comuni interessati al possibile divieto si sono incontrati
per delineare una strategia comune, allertando anche le Prefetture. E’
stato chiesto un pronunciamento all’Istituto superiore di sanità per
stabilire le linee guida cui dovranno attenersi le autorità mentre la
Regione ha preparato una specie di vademecum che presto sarà distribuito
presso scuole, uffici pubblici, ospedali, aziende.
«FILTRI» NEGLI ACQUEDOTTI - In sostanza: dovrà essere data la
massima informazione all’utenza riguardo la nuova regolamentazione. Poi
la responsabilità passerà ai sindaci che dovranno valutare se firmare le
ordinanze di divieto. Nel frattempo Acea, Regione e Commissariato alle
acque potabili stanno sistemando delle specie di «filtri» per abbassare
la presenza dell’arsenico e miscelare acque provenienti dagli
acquedotti come quello del Simbruino – prive di arsenico – con quelle
raccolte dai pozzi, i principali accusati per i valori fuori norma.
LA SOLUZIONE DEPURATORE DOMESTICO -
«Provvedimenti allo studio da tempo – è l’assicurazione giunta al
termine della riunione –, ma che adesso devono essere accelerati per via
della normativa Ue che nessuno si aspettava così immediata». In questa
situazione convulsa non manca chi si arrangia da sé, tanto che nei
dintorni di Frascati, a sud di Roma, un consorzio di cittadini ha
pensato bene di comperare un depuratore per l’arsenico.
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